È stata presentata oggi a Palazzo di Varignana all’interno del convegno “Opportunità e vincoli nell’applicazione del 4.0 nella filiera agroalimentare italiana” la survey realizzata da Nomisma e CRIF che ha analizzato i vantaggi e i limiti dell’adozione del 4.0 nella filiera agroalimentare italiana.
L’indagine, che ha coinvolto 1.034 aziende agricole italiane e 55 contoterzisti, analizza da una parte la percezione e conoscenza dell’innovazione e degli strumenti di agricoltura 4.0, dall’altra gli investimenti effettuati dalle aziende in questo senso.
All’interno del campione il 42% degli intervistati rientra nella categoria dei “realisti” i quali appaiono curiosi e interessati al tema, ma non hanno le risorse e le competenze per potere investire in strumenti innovativi; al contempo il 27% si dichiara scettico poiché ritiene che i vantaggi dell’innovazione siano sovrastimati e che si tratti soltanto di una questione legata a una moda temporanea. Il 18% - “i futuristi teorici” – pensa che l’innovazione sia essenziale per la crescita economica e sono disposti anche ad indebitarsi pur di introdurre un’innovazione. Infine la categoria degli “sperimentatori” – che rappresenta il 13% del campione – i quali credono nell’innovazione e la applicano quotidianamente sperimentando investimenti in innovazione per migliorare la gestione aziendale.
Quanto le aziende italiane conoscono l’agricoltura 4.0?
Il 64% degli intervistati ha sentito almeno una volta parlare di agricoltura 4.0 e il 90% di agricoltura di precisione, e più della metà del campione - il 52% - ha dichiarato di ritenersi abbastanza informato in relazione al tema. Internet si rivela il luogo più accessibile per reperire informazioni: il 31% degli intervistati è venuto a conoscenza della possibilità di introdurre questo strumento in azienda tramite web, il 13% alle fiere di settore, l’11% direttamente dal rivenditore dello strumento e della tecnologia, il 9% tramite rivista o giornale specializzato.
Negli ultimi 3 anni il 22% delle aziende ha investito in strumenti per l’agricoltura 4.0; la propensione all’investimento è maggiore nelle aziende con sede al Nord che operano nei settori dell’allevamento, cerealicolo e delle colture industriali aventi con una classe di fatturato di oltre 50.000 Euro e un organico composto prevalentemente da Millennials (18-35 anni). Tra le principali motivazioni che hanno portato il 78% delle aziende italiane a non investire nelle tecnologie di agricoltura 4.0 vi sono il tema economico (35,8% dei casi), e le piccole dimensioni dell’azienda (31,9%). Per il 6,9% degli intervistati invece, non appaiono chiari i vantaggi derivanti dall’adozione di questi strumenti, mentre per il 6,4% non apporterebbero alcun beneficio utile all’azienda. Tra gli strumenti 4.0 più efficaci e che hanno portato maggiori benefici alle aziende vi sono: macchine operatrici a dosaggio variabile 33%, Trattrice con guida assistita o semi automatica e GPS integrato (27,5%), software di gestione aziendale e altri software 9%, centraline meteo 6,3%. Considerando il fronte degli investimenti le risorse utilizzate per l’acquisto della strumentazione derivano per il 69% dal loro capitale, per l’11% dal finanziamento dell’istituto di credito, per il 9% dal Finanziamento del PSR, per il 7% da leasing. Nella maggior parte dei casi (il 45%) le aziende hanno speso una cifra al di sotto di 5.000 Euro per strumenti come software, centraline, mappe e sensori; solo il 9% delle aziende ha investito una cifra superiore a 100.000 Euro. Considerando invece le parti hardware e le trattrici gli investimenti sono stati maggiori: l’8% delle aziende ha investito oltre 100.000 Euro, il 12% ha speso una cifra compresa tra 50.000 e 100.000 euro e il 20% tra 20.000 e 50.000 Euro. Solo il 15% ha investito meno di 5.000 Euro.
Tra i benefici portati dall’adozione di tecnologie 4.0 vi è al primo posto la riduzione delle quantità di fitofarmaci, concimi e acqua distribuiti per ettaro (31%), la riduzione dell’impatto ambientale e un miglioramento della qualità del prodotto (24%), seguita dall’abbattimento dei costi di produzione e dall’incremento delle rese per ettaro/capo (20%) e una riduzione dei tempi di lavoro (16%).
Durante i lavori diverse aziende italiane hanno raccontato con esempi concreti i benefici dell'utilizzo del 4.0 nella gestione dei processi. E' il caso di Fileni – che nel 2015 – a causa dell'aumento dei volumi di produzione ha dovuto rivedere completamente l'intero processo logistico sviluppando un simulatore ad hoc per tornare a garantire spedizioni on time. L'investimento – prima tecnologico e a seguire la re-ingegnerizzazione dell'intero processo di spedizione - ha portato al 45% del recupero di tempo lavoro, alla riduzione dell'indice di errore e al miglioramento della qualità.
Agrisfera, invece, ha ricordato come il proprio investimento in agricoltura 4.0 sia stato avviato a partire dal 2006 attraverso la georeferenziazione, la quale ha permesso una mappatura completa dei propri appezzamenti; ulteriore investimento è stato condotto in strumenti di guida assistita con l'obiettivo di ridurre i costi e aumentare la produttività. Attraverso questo sistema di controllo si sono ridotti del 18% i margini di sovrapposizione con una riduzione dei costi di 199.160.000 Euro all’anno.
Altro caso è quello di Wenda Food Integrity Tracking, start up nata nel 2015 la quale ha sviluppato una piattaforma digitale che rende tracciabile l'integrità del cibo con lo scopo di ridurne gli sprechi. Attraverso un dispositivo da inserire nella spedizione è possibile controllarne la temperatura, l'umidità, gli urti, la sicurezza e la posizione ricevendo notifiche in diretta su un dispositivo mobile. Un'innovazione, rispetto alla tracciabilità garantita per legge.
Il cambiamento però passa anche da processi di sostegno all'innovazione. E' questo l'obiettivo di Agrofood, acceleratore bolognese per il business dell'agritech, che vuole essere un polo di innovazione aperta multiazienda a sostegno delle startup specializzate nei settori dell'healty food, packaging sostenibile, e l'agricoltura di precisione.
“Si sente un gran parlare di agricoltura 4.0, di smart farming e di riforma PAC, ma presentare casi concreti – come in questo caso- è meritevole perché fa realmente apprezzare il significato di queste tecnologie e i vantaggi competitivi in termini di costi e sostenibilità ambientale” - ha ricordato Paolo De Castro, Primo Vicepresidente Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo. “La discussione sulla riforma PAC post 2020 contiene un capitolo sull'agricoltura di precisione soprattutto a sostegno dei temi legati alla sostenibilità e che saranno sempre più importanti per il futuro”
“Il tema della formazione sull'agricoltura 4.0 è cruciale”- ha dichiarato Patrizio Bianchi, Assessore alle Politiche Europee Formazione Professionale. “Formazione che va fatta a tutti i livelli dagli operatori agricoli, fino a coloro che si occupano di salute e stili di vita. Bisogna esplorare di più, andare al di là dell'ottimizzazione dell'esistente”
“Seppure agli inizi, la rivoluzione digitale è un processo inesorabile capace di promuovere effetti in grado di cambiare la fisionomia di un settore all’apparenza immutabile come quello agricolo italiano. Gli impatti derivanti dall’adozione delle nuove tecnologie digitali non sono infatti esclusivamente economici, ma interessano anche ambiti sociali e ambientali”– ha sottolineato Denis Pantini, Responsabile Area Agroalimentare di Nomisma.
“Il 4.0 è in una fase iniziale e i cambiamenti strutturali che queste tecnologie porteranno alle filiera produttiva sono ancora agli inizi. La filiera agroindustriale per come si caratterizza avrà qualche difficoltà in più ad adeguarsi al nuovo contesto anche se ci sono contro esempi interessanti. Le sfide per le imprese sono molteplici e la principale è legata al capitale umano. E' necessario investire in nuove risorse che siano in grado di gestire le nuove tecnologie ma che conoscano anche le logiche della filiera. C'è, inoltre, un problema di regole: il cuore delle tecnologie 4.0 sta nella condivisione di dati e informazioni. La protezione, la proprietà dei dati e il loro uso diventa fondamentale. Infine c'è un problema dimensionale. Per le imprese più piccole alcune delle tecnologie in fase di sviluppo hanno costi che non giustificano l'investimento; per le grandi la vera sfida sarà gestire il rapporto con i grandi colossi mondiali (da Amazon, a Alphabet, da IBM ad Alibaba) che gestiscono, tra le altre cose, i flussi di dati e che hanno un fortissimo potere di mercato” – ha ricordato Giorgio Prodi, Segretario Comitato Scientifico di Nomisma.
Il convegno – che si inserisce nell’ambito del “Progetto Industria 2030” promosso da Nomisma con Crif, fa parte di percorso pluriennale che intende essere punto di riferimento periodico per analizzare le dinamiche del sistema industriale italiano.