- Maggiore contrazione delle richieste di credito per le imprese individuali (-12% vs 2021) rispetto alle società di capitali (-2,4% vs 2021).
- Per le società di capitali l’importo medio sfiora i 163.619 Euro (+15,6% rispetto al 2021) contro i 39.366 Euro delle imprese individuali (+2,9% vs 2021).
- Rischiosità del credito in lieve risalita a settembre 2022, i tassi di default ancora contenuti rispetto alla media storica e al dato pre pandemia.
- Nel 2023 i settori trasporti, agrifood, costruzioni e manifatturiero segneranno un pieno recupero di fatturato post pandemia.
Bologna, 6 febbraio 2023 – Nel 2022 le richieste di credito da parte delle imprese italiane, una volta lasciato alle spalle il periodo acuto della pandemia, registrano una flessione complessiva del -5,7% rispetto al 2021, con un andamento pressoché stabile nei trimestri; ad esclusione del picco rilevato nel I trimestre che ha sfiorato il -8%, valore che è andato a dimezzarsi con il passare dei mesi (-3,8% IV Trimestre 2022).
Entrando nel dettaglio, l’atteggiamento generale di maggiore prudenza nel 2022 ha riguardato principalmente le imprese individuali con un -12%, mentre la domanda proveniente dalle società di capitali si è contratta a una sola cifra decimale, -2,4%.
È questo il quadro complessivo che emerge dall’ultima edizione del Barometro CRIF sul credito alle imprese, basato sul patrimonio informativo di EURISC - il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF.
Tuttavia, si registra una spinta da parte delle imprese a richiedere un importo medio più elevato, +16,8% rispetto al 2021 e un valore complessivo di 123.979 Euro. Per quanto riguarda le Imprese individuali, il valore dei finanziamenti richiesti è risultato pari a 39.366 Euro (in crescita del +2,9% rispetto al 2021) contro i 163.619 Euro delle Società di Capitali (+15,6%).
“L’analisi dell’andamento delle richieste di credito presentate dalle imprese italiane nel corso del 2022 ha visto un progressivo riallineamento sui livelli pre-Covid. Guardando al sistema manifatturiero italiano continua a presentare due velocità: un gruppo ristretto di imprese, con performance straordinarie, che è in grado di trainare lo sviluppo e l’economia italiana mantenedo il rapporto tra investimenti materiali e immateriali rispetto al fatturato tra il 3-4%. Al contrario di quello che accade nella manifattura italiana che ha storicamente mantenuto questo rapporto intorno al 2% (Osservatorio Controvento, Nomisma-CRIF-CRIBIS). Infine, a incidere sulle performance economiche non è solo la quantità dell’investimento ma anche la qualità, in particolare su quei temi chiave per diventare un’impresa fiorente, quali digitalizzazione, innovazione e sostenibilità. Saranno questi i driver su cui le imprese dovranno puntare per affrontare ‘Controvento’ il 2023” - commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.
In linea con l’anno precedente, anche per il 2022 la maggioranza delle richieste di finanziamento ha riguardato importi inferiori ai 10.000 Euro (38,6%).
Per quanto riguarda le imprese individuali, il peso delle richieste di finanziamento con importo inferiore ai 10.000 Euro rappresenta il 45,2% del totale, a conferma di come le PMI tendano a rivolgersi agli istituti di credito soprattutto per importi di piccolo taglio. Mentre per le società di capitali le esigenze di liquidità risultano polarizzate: il 29,8% richiede importi inferiori ai 5.000 euro mentre il 33% sono superiori ai 50.000 euro.
Andamento per settore delle richieste di credito dalle imprese nel 2022
Tra i settori che si caratterizzano per volumi di richieste di credito particolarmente elevati registriamo al vertice della graduatoria i Servizi, con quasi un quarto del totale (23,9%, un punto percentuale in meno rispetto al 2021). Al secondo posto si posiziona il settore del Commercio con un 22,9% (-0,5 p.p. vs 2021), a conferma di quanto l’erosione dei margini di profittabilità per l’innalzamento dei costi delle materie prime stia accentuando il bisogno di liquidità del comparto.
Sul terzo gradino del podio abbiamo le Costruzioni e Infrastrutture, che spiega il 17,8% delle richieste di credito presentate dalle imprese nel 2022 (-1,5 p.p. vs 2021), settore sostenuto positivamente dagli incentivi governativi (bonus facciate, superbonus 110%, ecc.).
A seguire il settore manifatturiero (11,1% del totale, +0,4 p.p vs 2021), che in questi 12 mesi, ha affrontato la difficoltà di approvigionamento delle materie prime e piani di investimento per affrontare la transizione ecologica e diminuire così la dipendenza dai combustibili fossili.
“Dalle nostre analisi forward looking si prevede che nel 2023 i settori dei trasporti, agrifood, costruzioni e manifatturiero segneranno un pieno recupero di fatturato post pandemia. Nello specifico, si prevede che il fatturato continuerà a crescere per l’effetto dell’inflazione, ma i margini operativi risentiranno della volatilità dei costi energetici e delle materie prime. Per quanto riguarda, invece, gli effetti congiunturali sul settore delle utility lo scenario si differenzierà in base al posizionamento nella filiera dell’energia, con un forte effetto inflattivo generato sui ricavi e con impatti negativi in termini di redditività per le attività di vendita e re-selling. Infine, anche il terziario sarà in forte recupero rispetto al 2019, perché meno esposto a costi fissi e oscillazioni delle materie prime” – aggiunge Capecchi.
Rischiosità del credito delle imprese: tassi di default in lieve risalita ma su valori ancora contenuti
L’andamento dei tassi di default per il mercato corporate italiano - che fa segnare al 30 settembre 2022 un dato pari al 2,1% per le società di capitali, 1,4% per le società di persone e 1,9% per le ditte individuali - denota per il quarto trimestre consecutivo il proseguimento del trend di lieve risalita dei tassi di default in essere da settembre 2021. In tale momento, infatti, l’indice di rischiosità del credito aveva raggiunto un punto di minimo storico - pari all’1,5%, all’1,0% e all’1,7% rispettivamente per società di capitali, società di persone e ditte individuali - prevalentemente per effetto degli interventi varati a supporto delle aziende nel contesto delle prime ondate pandemiche di Covid-19 (in primis moratorie sui debiti finanziari in essere e accesso a credito garantito).
“Seppur in valore assoluto i tassi di default risultino ancora contenuti rispetto alla media storica e al dato pre pandemia, l’attuale quadro macroeconomico, caratterizzato da ripresa incerta ed elevata inflazione, e lo scenario di risalita dei tassi di interesse lasciano presagire che la dinamica in atto possa subire un’accelerazione nel corso dei prossimi trimestri” – commenta Simone Capecchi.
Dal punto di vista settoriale, l’andamento di risalita dei tassi di default risulta comune a tutti i comparti economici seppure con una differente intensità: nei settori più esposti all’attuale incertezza sul fronte macroeconomico e con le maggiori ripercussioni derivanti dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime e dell’energia – quali i trasporti e logistica e il food & beverage – la risalita dei tassi di default risulta più rapida con incrementi intorno a 1 punto percentuale negli ultimi 12 mesi. Viceversa molto meno accentuata è stata la risalita dei tassi in settori quali l’ICT media e telecomunicazione, l’energia e il chimico farmaceutico, settori storicamente più resilienti e che peraltro già mostravano pre-pandemia un livello di rischiosità molto più contenuto rispetto alla media nazionale.