Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) da sempre risente del contesto economico finanziario e macroeconomico essendo finanziato dalla fiscalità generale. Va infatti tenuto presente che una quota rilevante del gettito fiscale dello Stato alimenta una buona fetta del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), base su cui ciascuna Regione costruisce il bilancio e l’offerta sanitaria. Nel 2017 questo fondo ha superato EUR 110mld, EUR 3,5mld dei quali sono stati assegnati alla Calabria.
Già a partire dal 2011, per ottemperare al conseguimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica sono state introdotte diverse disposizioni normative finalizzate al controllo e al ridimensionamento della spesa sanitaria (es. il blocco delle assunzioni o la “spending review” sull'acquisto di beni e servizi). Questi elementi di novità, più trasparenti rispetto ad alcune pratiche del passato, si proponevano due grandi obiettivi: (i) il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio per le aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere con disavanzo strutturale e (ii) garantire qualità nelle cure, in un contesto demografico che vede l’Italia tra i paesi più vecchi d’Europa.
Seppur con molta fatica (interna al settore e percepita dall'utenza) le manovre di contenimento hanno permesso al SSN di chiudere gli esercizi economici dal 2012 in poi in avanzo, confermando la capacità complessiva del sistema di mantenere l’equilibrio economico-finanziario. Il livello di partenza delle diverse Regioni però era molto eterogeneo; sebbene le Regioni in Piano di Rientro (inclusa la Calabria) abbiano, con uno sforzo aggiuntivo, ridotto il disavanzo cumulato prima delle coperture da quasi EUR 3,5 mld nel 2012 a meno di EUR 300m nel 2016-2017, la Calabria ha continuato in questo periodo a creare disavanzi. In particolare, la delicata situazione dell’ASP di Reggio Calabria (ASP, già commissariata nel 2009) ha amplificato questo risultato negativo.
Da uno studio di CRIF Ratings emerge che circa il 25% del Fondo Sanitario Regionale (FSR) calabrese (EUR 865m in media tra il 2013-2017) diventa lo zoccolo duro dei ricavi dell’ASP. Il 65% di questi (percentuale stabile nel periodo di riferimento) viene speso per l’acquisto di beni e servizi (ospedalieri, farmaceutica, assistenza). A fronte di un flusso di ricavi e una base costi rimasti stabili nel periodo in esame, le componenti di costo legate al pagamento degli interessi sui debiti finanziari (con istituto tesoriere in primis) hanno causato perdite cumulate per EUR 63m nel periodo 2013-2017. Queste, sommate ad un stock di perdite pregresse stabilmente superiore a EUR 250m, lascito di gestioni pregresse, non hanno trovato adeguata copertura nei contributi regionali per il ripiano delle perdite (EUR 222m a fine 2017). Negli ultimi 3 anni il Patrimonio Netto dell’ASP risulta essere negativo. Dal punto di vista debitorio, l’incremento del debito verso l’istituto tesoriere (+EUR 97m) e dei debiti tributari (+EUR 25m) hanno portato la mole di debiti a oltre EUR 420m a fine 2017 (+40% rispetto al 2016).
La Regione Calabria, e in particolar modo il territorio reggino, è vulnerabile anche da punto di vista socio economico, con un tasso di disoccupazione superiore sia al livello regionale che al livello nazionale (22,2% Reggio Calabria – 21,6% Calabria – 11,2% Italia nel 2017) e un PIL pro capite inferiore di più del 25% rispetto al livello nazionale. Questo si riflette inesorabilmente in una migrazione sanitaria laddove vi siano sufficienti disponibilità economiche ovvero, in situazioni estreme, nella privazione di cure, violando uno dei principi cardine della Costituzione. La mobilità sanitaria italiana vale quasi EUR 4mld e coinvolge circa 1 milione di cittadini l’anno. Proprio a causa dei mancati investimenti e della qualità nelle cure inferiore alla media, il saldo di mobilità per alcune Regioni rappresenta una quota significativa della spesa del FSR. Per le Regioni del Sud ciò costituisce uno dei temi cardine per la strategia sanitaria: ad esempio la Calabria ogni anno deve mettere in conto una spesa di almeno EUR 250m/EUR 300m verso le Regioni del Nord.
Lo studio di CRIF Ratings mette anche in luce come la grave difficoltà finanziaria in cui l’ASP si trova comporti anche la pressoché totale mancanza di investimenti effettuati. Le immobilizzazioni materiali e immateriali sono ferme dal 2013 a EUR 35m. In questo grande calderone ci sono anche le apparecchiature/macchinari, su cui l’ASP spende solamente circa EUR 2m in manutenzioni all'anno (lo 0,2% dei ricavi). Inoltre anche il rapporto con i fornitori risulta essere di difficile gestione (EUR 145m di debiti di fornitura nel 2017). Sono ben lontani i 121 giorni di pagamento ai fornitori medi a livello nazionale: in Calabria si paga in media a 299 giorni, solo un po’ meglio paga invece l’ASP (216 giorni).
Il tema centrale per l’ASP è adesso quello di riformulare una strategia non più basata sul soddisfacimento dei costi operativi ma su una loro rimodulazione per liberare risorse che, insieme ad un flusso di ricavi certo e stabile, siano destinati agli investimenti. Investire in questo settore significa non solo recuperare efficienza, ma anche e soprattutto abilitare nuovi modelli di cura che vedano coinvolti tutti gli attori del sistema socio-sanitario con notevoli risparmi sia per le strutture sanitarie ma soprattutto per i cittadini, in termini di minor tempo per recarsi alle strutture e di attesa agli sportelli. Il focus potrebbe essere quello della riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera verso il territorio (es. patologie croniche) secondo un modello di Hub and Spoke, rendendo sempre più accessibili e fruibili i servizi sanitari rispetto al passato, riducendo così le barriere economiche e territoriali.