Nel 2020 l’emergenza Covid-19 ha fatto impennare i ritardi gravi (oltre 30 giorni) nei pagamenti da parte delle imprese soprattutto in Valle d’Aosta (+41,5%), Friuli – Venezia Giulia (+40,3%), Veneto (+35,8%), Piemonte (+30,9%) e Lombardia (+30,3%). È quanto emerge dallo Studio Pagamenti, aggiornato al 31 dicembre 2020, realizzato da CRIBIS, società del gruppo CRIF specializzata nella business information. A livello provinciale le ripercussioni più pesanti sui tempi di pagamento delle aziende si sono registrati, nell’ordine, a Lodi (+64,3%), Belluno (+54,2%), Asti (+53,8%) e Pordenone (+50%).
Lo scorso anno il numero di aziende italiane che pagano i propri fornitori con oltre 30 giorni di ritardo ha raggiunto il 12,8%, un dato superiore del 21,9% rispetto al 2019 e più che raddoppiato rispetto a dieci anni fa (5,5% nel 2010). Tuttavia, le imprese che, nel nostro Paese, pagano alla scadenza sono aumentate del 2,9%, passando dal 34,7% del 2019 al 35,7% dello scorso anno.
Nonostante il peggioramento della situazione, Lombardia e Veneto sono la terza e la quarta regione italiana con meno ritardi gravi in assoluto (rispettivamente 8,6% e 9,1%), alle spalle del Trentino – Alto Adige (6,6%) e dell’Emilia-Romagna (8%). Ancora una volta il Nord Est è l’area geografica più affidabile, con il 43,6% di pagamenti regolari, mentre la situazione è più problematica al Sud e nelle Isole, dove è puntuale solo il 23% delle imprese.
“I dati evidenziano come rispetto all’anno precedente – commenta Marco Preti, amministratore delegato di CRIBIS - in 5 regioni del Nord Italia i ritardi gravi si sono incrementati dal 30 al 40%. L’impatto negativo dell’emergenza sanitaria si ripercuote soprattutto sulle imprese di piccole dimensioni. In particolare, soffrono le microimprese che, pur essendo le più virtuose con il 37,3% di pagamenti alla scadenza, hanno anche la quota più elevata di ritardi gravi (13,8%), insieme alle piccole (8,7%). Lo sviluppo della pandemia fino alla seconda ondata ha ulteriormente colpito i settori già in sofferenza per il lockdown, quali bar e ristoranti, il trasporto aereo, i servizi ricreativi e il settore cinematografico, tutti agli ultimi posti nel ranking della puntualità nei pagamenti”.
Lombardia e Emilia-Romagna sono le regioni con la maggiore presenza di imprese che rispettano i termini di pagamento, rispettivamente con il 45,3% e il 44,8%, seguite da Veneto (43,4%), Marche (42,4%) e Trentino-Alto Adige (42,1%). La Sicilia, invece, oltre ad occupare l’ultima posizione in questo ranking (19,5%), detiene il primato negativo per quanto riguarda i pagamenti oltre i 30 giorni (22,8%), seguita da Calabria (22,6%) e Campania (20,9%).
Nel 2020 Sondrio scalza Brescia dal vertice della classifica delle province più puntuali, graduatoria che vede Bergamo, Lecco e Trento nelle prime posizioni. L’ultimo posto è appannaggio di Trapani, preceduta da Reggio Calabria, Palermo, Crotone e Vibo Valentia.
Lo Studio di CRIBIS evidenzia anche gli effetti della crisi generata dal Covid-19 sulle province del Nord: le imprese di Lodi (+64,3%), Belluno (+54,2%), Asti (+53,8%) e Pordenone (+50%) sono quelle che, rispetto al 2019, hanno fatto rilevare una crescita esponenziale dei pagamenti oltre i 30 giorni. Bat (-14), Lodi (-13), Pavia (-11), Bari (-10), Grosseto (-9), Imperia (-9) e Biella (-9) sono le province che hanno perso più posizioni nella classifica di CRIBIS.
Quelle che hanno guadagnato più terreno sono, invece: Cagliari (+18), Ravenna (+13), Forlì-Cesena (+11), Ferrara (+11), Cosenza (+11), e Pesaro-Urbino (+10) che entra nella top ten.
Il settore merceologico più puntuale è quello dei Servizi finanziari (47,9%), seguito da quello delle Costruzioni (42%), mentre il Commercio al dettaglio, dove i pagamenti alla scadenza interessano solo il 25,1% delle imprese, è quello con la situazione più critica, con un’incidenza di ritardi gravi pari al 20%. Rispetto al 2019, la variazione percentuale più elevata nei pagamenti oltre i 30 giorni si registra nei settori della Manifattura (32,4%), del Commercio al dettaglio (19,8%), dei Servizi (17,2%) e del Commercio all’ingrosso (16,3%).