Scenari di transizione e PD lifetime: come varia la rischiosità delle PMI secondo l’analisi di CRIF

Rischio di transizione disordinato: investire tardi costa caro alle imprese

Le analisi di CRIF sugli scenari di transizione climatica rivelano che un approccio tardivo agli investimenti green aumenta il rischio di insolvenza per le imprese nel lungo periodo. Questo significa che uno scenario “orderly” contenuto nel Net Zero 2050 limita gli impatti economici negativi, mentre uno scenario “disorderly” eleva i costi e la probabilità di default. Di conseguenza, le aziende che iniziano la transizione in anticipo possono ridurre significativamente i rischi e cogliere nuove opportunità di crescita sostenibile. Nello specifico, CRIF elabora per ogni PMI lo score di transizione e di rischio creditizio e ne elabora una curva di PD lifetime.

In particolare, a ciascuna di queste curve viene applicato un aggiustamento che tiene conto di uno specifico scenario di transizione fornito da Oxford Economics: 
•    per lo scenario baseline non applichiamo alcuna correzione; 
•    per lo scenario “orderly” (Net Zero 2050) applichiamo gli aggiustamenti ai KPI dell’impresa già utilizzati nella messa a punto dello score di transizione, e da questi ricaviamo una stima delle PD future condizionata allo scenario “ordinato”; 
•    per lo scenario “disorderly” (Delayed Transition) modifichiamo i KPI ipotizzando che le aziende investano nella transizione in modo ritardato rispetto a quanto previsto dalla normativa, ottenendo una stima delle PD future condizionata a quest’ultimo scenario.

In generale, la variazione delle PD è funzione di due distinti elementi: l’orizzonte temporale (le PD aumentano con l’arco temporale analizzato) e lo scenario utilizzato (quello “ordinato” ha un impatto maggiore nel breve-medio periodo, quello “disordinato” conduce a un forte aumento del rischio nei decenni più lontani).

I risultati mostrano come investire in ritardo sulla transizione ecologica possa portare a un incremento della rischiosità nel lungo periodo. La dipendenza dell’economia italiana dalle fonti fossili espone il nostro Paese al rischio di shock dei prezzi energetici e aumenta di conseguenza il costo delle operazioni di decarbonizzazione.