La sostenibilità è donna: le Manager che siedono nei CDA (ancora poche) portano avanti l’impegno ESG

07/03/2023
  • In 6 imprese su 10 solo il 10% del board è ricoperto da donne.
  • Le imprenditrici sono più attente alla sostenibilità: distanziano i colleghi uomini di un 8%.
  • Le imprese femminili sono di piccole dimensioni, meno rischiose e costituite in prevalenza da ditte individuali e società di persone. I principali settori sono legati alla cura della persona.

Sono circa 1 milione le imprese con CDA a maggioranza femminile secondo lo studio effettuato da CRIBIS sulla totalità di imprese italiane; ancora troppo poche rispetto ai quasi 5 milioni di imprese attive sul nostro territorio. I numeri parlano chiaro: in 6 imprese su 10 solo il 10% del board è ricoperto da donne. A confermarlo è anche il Global Gender Gap 2022 – che misura in 146 Paesi il divario di genere in termini di partecipazione economica e politica, salute e livello di istruzione – dove l’Italia ha mantenuto la stessa posizione del 2021 (63 su 146) e ha mostrato gravi ritardi rispetto all’Europa continentale (Spagna, Francia e Germania ad esempio).

Distribuzione della presenza di Manager donna nei CDA

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Fonte: CRIBIS

LE IMPRESE DONNA SONO DI PICCOLE DIMENSIONI, DI RECENTE COSTITUZIONE, MENO RISCHIOSE E PIÙ SOSTENIBILI

Lo studio ci fornisce un profilo approfondito sulle caratteristiche delle imprese gestite da donne (da intendersi quelle aziende con quota maggiore del 51% all’interno dei CDA). In particolare, i settori che vedono le donne leader continuano a essere quelli legati alla cura della persona (Parrucchiere, Estetista) e della ristorazione (Bar e Ristoranti). Tuttavia, i settori che incidono maggiormente sul PIL del Paese, cioè ad alta produttività, vedono ancora una presenza minoritaria delle donne nei ruoli decisionali.

Distribuzione in percentuale del mercato secondo i primi sette settori di attività più numerosi

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Fonte: CRIBIS

Guardando alla distribuzione geografica delle imprese femminili vediamo che riflette quanto accade a livello nazionale con Lombardia, Campania e Lazio sul podio e Molise e Valle d’Aosta fanalino di coda.

Distribuzione Geografica

Imprese femminili

Lombardia

14,18%

Campania

10,01%

Lazio

9,56%

Sicilia

8,01%

Piemonte

7,59%

Veneto

7,58%

Emilia-Romagna

7,41%

Toscana

7,25%

Puglia

6,64%

Calabria

3,36%

Sardegna

2,96%

Marche

2,77%

Liguria

2,77%

Abruzzo

2,77%

Umbria

1,72%

Friuli-Venezia Giulia

1,70%

Trentino-Alto Adige

1,69%

Basilicata

1,12%

Molise

0,67%

Valle D'Aosta

0,23%

Fonte: CRIBIS

Tuttavia, se si analizza la presenza percentuale delle imprese femminile sul totale delle imprese per singola Regione emerge come siano al contrario il Molise, la Basilicata e l’Abruzzo, a occupare i primi 3 posti della classifica, dove addirittura un’impresa su 4 è "rosa", in virtù dei settori economici che caratterizzano il tessuto imprenditoriale regionale.

Distribuzione Geografica

% Femminile sul totale regionale

Molise

26%

Basilicata

25%

Abruzzo

25%

Umbria

24%

Sicilia

23%

Calabria

23%

Toscana

23%

Valle D'Aosta

23%

Puglia

23%

Campania

22%

Sardegna

22%

Marche

22%

Liguria

22%

Piemonte

22%

Lazio

22%

Friuli-Venezia Giulia

22%

Emilia-Romagna

21%

Veneto

20%

Lombardia

19%

Trentino-Alto Adige

18%

Fonte: CRIBIS

Se guardiamo alle dimensioni, come già accade sul territorio italiano, le imprese femminili sono principalmente di piccole dimensioni, ben il 93% ha meno di 5 dipendenti; ne consegue che la variabile di genere sia spesso legata anche a una un po’ più complessa crescita aziendale.

Distribuzione per fasce di dipendenti del mercato analizzato

manager-cda-impegno-esg-3Fonte: CRIBIS

La conferma viene anche dall’analisi delle forme legali e dei fatturati. Nel primo caso, infatti, solo il 17% delle imprese femminili riesce a diventare società di capitali (contro il 25% della totalità delle imprese). Il 78% delle imprese a prevalenza "rosa" si costituisce come ditta individuale o società di persone (contro il 70% della totalità delle imprese italiane).

Distribuzione per forma legale del mercato analizzatimanager-cda-impegno-esg-4
Fonte: CRIBIS

Le piccole dimensioni influenzano anche il valore della produzione che non riesce a decollare e le imprese femminili restano attività a gestione spesso familiare. La quasi totalità delle imprese (97%) non supera, infatti, il milione di fatturato, 3 punti percentuali in più rispetto alla situazione italiana (94%).

Distribuzione per fasce di fatturato del mercato analizzato

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Fonte: CRIBIS

Alcuni dati in controtendenza rispetto alla situazione nazionale ci suggeriscono delle peculiarità dell’imprenditoria femminile. Innanzitutto, le imprese femminili sono di recente costituzione: più del 54% del totale ha meno di 15 anni di vita (rispetto al 48% delle imprese italiane). Questo ci fa ben sperare sugli sviluppi futuri dell’imprenditoria femminile e su un tessuto culturale in trasformazione per quanto riguarda le barriere all’entrata.

Distribuzione per fasce di anzianità aziendale del mercato analizzato

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 Fonte: CRIBIS

Inoltre, le imprese donna ci insegnano, più di altre, che si può essere attente alla solidità commerciale e finanziaria. La distribuzione del rischio commerciale indica, infatti, che queste imprese sono meno rischiose rispetto alla media italiana: più della metà (52%) presenta un rischio di fallimento minimo o inferiore alla media. Un dato interessante che supera di 4 punti percentuali quello della totalità delle imprese nazionali (48% con rischio minimo o inferiore alla media).

Distribuzione per rating del mercato analizzato

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Fonte: CRIBIS

Una importante novità che emerge da questa fotografia è l’attenzione alla sostenibilità, dimensione nella quale le imprese femminili segnano una performance migliore rispetto a quelle maschili. È quanto emerge da un’analisi su un campione rappresentativo di imprese italiane analizzate attraverso l’indicatore esclusivo CRIF ESG Score. Lo Studio mostra, infatti, che le imprese femminili dall’elevato grado di sostenibilità – ovvero con score 1 e 2 su una scala da 1 a 5 – superano di ben un 8% quelle maschili. In particolare, è nella componente ambientale (E) dove le imprese femminili si segnalano per avere performance migliori: sono infatti il 44% rispetto al 41% delle imprese maschili quelle che ricadono nelle classi di score 1 e 2.

Tuttavia, vi è ancora ampio spazio di miglioramento ed è proprio in questo contesto che i player finanziari possono contribuire a diffondere una nuova consapevolezza circolare con soluzioni di finanza verde e un percorso di transizione. Quanto più le banche saranno in grado di valutare l’impatto ambientale, sociale e di governance delle iniziative promosse dalle controparti, tanto più potranno premiare i progetti realmente meritevoli (Environmental, Social e Governance – ESG).

Dati alla mano, le analisi CRIF su portafogli business mostrano che le aziende “green” hanno un livello di rischio di circa il 44% inferiore rispetto alla media di portafoglio. Inoltre, da un ulteriore analisi CRIF emerge come le PMI e le aziende corporate che investono strategicamente nella sostenibilità possano ridurre i loro consumi del 10-30% all'anno, senza diminuire il servizio e la qualità delle operazioni aziendali, contribuendo in modo significativo a una minore emissione di gas serra.

Da sempre CRIF ha una forte attenzione al tema della sostenibilità, infatti mette a disposizione il suo patrimonio informativo, che si basa su più di 40 diverse fonti, e oltre un miliardo di dati per rispondere ai bisogni dei diversi attori del mercato (aziende, player finanziari e istituzioni) di un modello valutativo standard a livello europeo. Nel segmento PMI in particolare, la consapevolezza sui temi ESG è ancora in via di consolidamento, per cui è fondamentale poter acquisire e disporre di informazioni e metriche ESG qualificate al fine di costruire un quadro quali-quantitativo completo. Su questo tema, CRIF ha creato un ESG Journey completo che mette a disposizione servizi, score, competenze specialistiche e una piattaforma globale (SynESGy) che favorisce, da una parte, le imprese a muoversi verso una gestione aziendale ispirata a criteri etici e sostenibili, e dall’altra consente ai player finanziari di acquisire una migliore comprensione del livello di sostenibilità dei propri clienti e fornitori.

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