- In 6 imprese su 10 solo il 10% del board è ricoperto da donne.
- Le imprenditrici sono più attente alla sostenibilità: distanziano i colleghi uomini di un 8%.
- Le imprese femminili sono di piccole dimensioni, meno rischiose e costituite in prevalenza da ditte individuali e società di persone. I principali settori sono legati alla cura della persona.
Sono circa 1 milione le imprese con CDA a maggioranza femminile secondo lo studio effettuato da CRIBIS sulla totalità di imprese italiane; ancora troppo poche rispetto ai quasi 5 milioni di imprese attive sul nostro territorio. I numeri parlano chiaro: in 6 imprese su 10 solo il 10% del board è ricoperto da donne. A confermarlo è anche il Global Gender Gap 2022 – che misura in 146 Paesi il divario di genere in termini di partecipazione economica e politica, salute e livello di istruzione – dove l’Italia ha mantenuto la stessa posizione del 2021 (63 su 146) e ha mostrato gravi ritardi rispetto all’Europa continentale (Spagna, Francia e Germania ad esempio).
Distribuzione della presenza di Manager donna nei CDA
Fonte: CRIBIS
LE IMPRESE DONNA SONO DI PICCOLE DIMENSIONI, DI RECENTE COSTITUZIONE, MENO RISCHIOSE E PIÙ SOSTENIBILI
Lo studio ci fornisce un profilo approfondito sulle caratteristiche delle imprese gestite da donne (da intendersi quelle aziende con quota maggiore del 51% all’interno dei CDA). In particolare, i settori che vedono le donne leader continuano a essere quelli legati alla cura della persona (Parrucchiere, Estetista) e della ristorazione (Bar e Ristoranti). Tuttavia, i settori che incidono maggiormente sul PIL del Paese, cioè ad alta produttività, vedono ancora una presenza minoritaria delle donne nei ruoli decisionali.
Distribuzione in percentuale del mercato secondo i primi sette settori di attività più numerosi
Fonte: CRIBIS
Guardando alla distribuzione geografica delle imprese femminili vediamo che riflette quanto accade a livello nazionale con Lombardia, Campania e Lazio sul podio e Molise e Valle d’Aosta fanalino di coda.
Distribuzione Geografica |
Imprese femminili |
Lombardia |
14,18% |
Campania |
10,01% |
Lazio |
9,56% |
Sicilia |
8,01% |
Piemonte |
7,59% |
Veneto |
7,58% |
Emilia-Romagna |
7,41% |
Toscana |
7,25% |
Puglia |
6,64% |
Calabria |
3,36% |
Sardegna |
2,96% |
Marche |
2,77% |
Liguria |
2,77% |
Abruzzo |
2,77% |
Umbria |
1,72% |
Friuli-Venezia Giulia |
1,70% |
Trentino-Alto Adige |
1,69% |
Basilicata |
1,12% |
Molise |
0,67% |
Valle D'Aosta |
0,23% |
Fonte: CRIBIS
Tuttavia, se si analizza la presenza percentuale delle imprese femminile sul totale delle imprese per singola Regione emerge come siano al contrario il Molise, la Basilicata e l’Abruzzo, a occupare i primi 3 posti della classifica, dove addirittura un’impresa su 4 è "rosa", in virtù dei settori economici che caratterizzano il tessuto imprenditoriale regionale.
Distribuzione Geografica |
% Femminile sul totale regionale |
Molise |
26% |
Basilicata |
25% |
Abruzzo |
25% |
Umbria |
24% |
Sicilia |
23% |
Calabria |
23% |
Toscana |
23% |
Valle D'Aosta |
23% |
Puglia |
23% |
Campania |
22% |
Sardegna |
22% |
Marche |
22% |
Liguria |
22% |
Piemonte |
22% |
Lazio |
22% |
Friuli-Venezia Giulia |
22% |
Emilia-Romagna |
21% |
Veneto |
20% |
Lombardia |
19% |
Trentino-Alto Adige |
18% |
Fonte: CRIBIS
Se guardiamo alle dimensioni, come già accade sul territorio italiano, le imprese femminili sono principalmente di piccole dimensioni, ben il 93% ha meno di 5 dipendenti; ne consegue che la variabile di genere sia spesso legata anche a una un po’ più complessa crescita aziendale.
Distribuzione per fasce di dipendenti del mercato analizzato
Fonte: CRIBIS
La conferma viene anche dall’analisi delle forme legali e dei fatturati. Nel primo caso, infatti, solo il 17% delle imprese femminili riesce a diventare società di capitali (contro il 25% della totalità delle imprese). Il 78% delle imprese a prevalenza "rosa" si costituisce come ditta individuale o società di persone (contro il 70% della totalità delle imprese italiane).
Distribuzione per forma legale del mercato analizzati
Fonte: CRIBIS
Le piccole dimensioni influenzano anche il valore della produzione che non riesce a decollare e le imprese femminili restano attività a gestione spesso familiare. La quasi totalità delle imprese (97%) non supera, infatti, il milione di fatturato, 3 punti percentuali in più rispetto alla situazione italiana (94%).
Distribuzione per fasce di fatturato del mercato analizzato
Fonte: CRIBIS
Alcuni dati in controtendenza rispetto alla situazione nazionale ci suggeriscono delle peculiarità dell’imprenditoria femminile. Innanzitutto, le imprese femminili sono di recente costituzione: più del 54% del totale ha meno di 15 anni di vita (rispetto al 48% delle imprese italiane). Questo ci fa ben sperare sugli sviluppi futuri dell’imprenditoria femminile e su un tessuto culturale in trasformazione per quanto riguarda le barriere all’entrata.
Distribuzione per fasce di anzianità aziendale del mercato analizzato
Fonte: CRIBIS
Inoltre, le imprese donna ci insegnano, più di altre, che si può essere attente alla solidità commerciale e finanziaria. La distribuzione del rischio commerciale indica, infatti, che queste imprese sono meno rischiose rispetto alla media italiana: più della metà (52%) presenta un rischio di fallimento minimo o inferiore alla media. Un dato interessante che supera di 4 punti percentuali quello della totalità delle imprese nazionali (48% con rischio minimo o inferiore alla media).
Distribuzione per rating del mercato analizzato
Fonte: CRIBIS
Una importante novità che emerge da questa fotografia è l’attenzione alla sostenibilità, dimensione nella quale le imprese femminili segnano una performance migliore rispetto a quelle maschili. È quanto emerge da un’analisi su un campione rappresentativo di imprese italiane analizzate attraverso l’indicatore esclusivo CRIF ESG Score. Lo Studio mostra, infatti, che le imprese femminili dall’elevato grado di sostenibilità – ovvero con score 1 e 2 su una scala da 1 a 5 – superano di ben un 8% quelle maschili. In particolare, è nella componente ambientale (E) dove le imprese femminili si segnalano per avere performance migliori: sono infatti il 44% rispetto al 41% delle imprese maschili quelle che ricadono nelle classi di score 1 e 2.
Tuttavia, vi è ancora ampio spazio di miglioramento ed è proprio in questo contesto che i player finanziari possono contribuire a diffondere una nuova consapevolezza circolare con soluzioni di finanza verde e un percorso di transizione. Quanto più le banche saranno in grado di valutare l’impatto ambientale, sociale e di governance delle iniziative promosse dalle controparti, tanto più potranno premiare i progetti realmente meritevoli (Environmental, Social e Governance – ESG).
Dati alla mano, le analisi CRIF su portafogli business mostrano che le aziende “green” hanno un livello di rischio di circa il 44% inferiore rispetto alla media di portafoglio. Inoltre, da un ulteriore analisi CRIF emerge come le PMI e le aziende corporate che investono strategicamente nella sostenibilità possano ridurre i loro consumi del 10-30% all'anno, senza diminuire il servizio e la qualità delle operazioni aziendali, contribuendo in modo significativo a una minore emissione di gas serra.
Da sempre CRIF ha una forte attenzione al tema della sostenibilità, infatti mette a disposizione il suo patrimonio informativo, che si basa su più di 40 diverse fonti, e oltre un miliardo di dati per rispondere ai bisogni dei diversi attori del mercato (aziende, player finanziari e istituzioni) di un modello valutativo standard a livello europeo. Nel segmento PMI in particolare, la consapevolezza sui temi ESG è ancora in via di consolidamento, per cui è fondamentale poter acquisire e disporre di informazioni e metriche ESG qualificate al fine di costruire un quadro quali-quantitativo completo. Su questo tema, CRIF ha creato un ESG Journey completo che mette a disposizione servizi, score, competenze specialistiche e una piattaforma globale (SynESGy) che favorisce, da una parte, le imprese a muoversi verso una gestione aziendale ispirata a criteri etici e sostenibili, e dall’altra consente ai player finanziari di acquisire una migliore comprensione del livello di sostenibilità dei propri clienti e fornitori.
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