Gli stress test misurano la reazione di una banca (in termini di profitti, capitale e liquidità) a un ipotetico scenario macroeconomico. L’edizione 2018 è stata lanciata in gennaio e le banche dovrebbero comunicare le loro proiezioni provvisorie per la fine di giugno, mentre i risultati completi verranno resi noti a novembre. Le banche partecipanti devono analizzare l’impatto di quattro principali fonti di incertezza: rischio di credito, rischio di mercato, rischi finanziari sul margine d’interesse e rischio operativo, incluso il rischio legale.
La stima del rischio di credito presenta margini di alea considerevoli, posto che le banche devono conformarsi, per la prima volta, con l’IFRS 9. Questo nuovo standard contabile – in vigore dal 2018 – richiede alle banche di allocare le esposizioni creditizie su tre “stage”: lo stage 1 (crediti pienamente solvibili), lo stage 2 (esposizioni che hanno subito un sensibile incremento nel rischio di credito rispetto alla data di erogazione) e stage 3 (esposizioni non-performing). Per ogni anno nell’intervallo di simulazione, gli istituti di credito devono simulare i tassi di migrazione tra i tre stage, incrementando le riserve a fronte delle esposizioni in stage 2 e in stage 3 sulla base delle proprie stime della perdita attesa, misurata sull’intera vita residua del credito.
Le stime interne delle banche, tuttavia, sono soggette a numerosi vincoli stabiliti dall'Autorità Bancaria Europea (“EBA”) al fine di rendere le simulazioni più stabili e comparabili. Per esempio, le esposizioni in stage 3 non possono tornare a uno stage migliore, e dunque si comportano come una variabile “cumulata” che contiene un ammontare iniziale e tutti i flussi successivi provenienti dagli stage 1 e 2. Ancora, i crediti in stage 3 non possono sperimentare un miglioramento nei recuperi attesi, e non possono guadagnare un interesse effettivo superiore al valore storico del 2017. Oltre al fatto che i tassi di ritorno in bonis per tali esposizioni sono posti pari a zero (una volta in stage 3, non torna indietro), vi è pure il vincolo che il processo di recupero “non finisce mai”, cioè che i prestiti in default restano in bilancio per sempre.