L’adeguata verifica antiriciclaggio rappresenta oggi un processo molto complesso e oneroso, che espone istituti finanziari e aziende a investimenti elevati per far fronte alla crescente complessità regolamentare e a possibili rischi sanzionatori e reputazionali. Una verifica KYC efficace è di particolare valore in un periodo, come quello attuale, in cui la digitalizzazione dei processi digitali impone di gestire volumi di richieste inaspettatamente elevati, in tempi veloci e senza una relazione diretta con la clientela, offrendo il fianco a possibili comportamenti illeciti.
CRIF da sempre è a fianco dei player finanziari per ottimizzare e far evolvere iprocessi decisionali. Anche sul delicato tema KYC, la digitalizzazione dei processi rappresenta un fattore di successo per rilanciare la redditività contenendo i costi operativi e il rischio reputazionale, nel pieno rispetto della compliance e con costante attenzione alla qualità e profondità di analisi. A partire dall’ecosistema di dati del CRIF Information Core che conta oltre 40 fonti informative e 100 algoritmi, e facendo leva su oltre 15 anni di esperienza in ambito antifrode e antiriciclaggio, CRIF ha realizzato uno studio su un campione di 1,3 milioni di persone fisiche e 1,8 milioni di aziende analizzate nel corso del 2021 per tracciare le principali evidenze che caratterizzano i processi KYC di oltre 150 top player finanziari italiani.
L’analisi dell’osservatorio ha riguardato tre principali dimensioni:
- profilo dei privati, analizzando caratteristiche sociodemografiche, situazioni creditizie anomale, collegamenti con imprese in settori a rischio;
- presenza in liste AML di privati e titolari effettivi;
- complessità della catena partecipativa e dei gruppi aziendali con un focus sui collegamenti con altri Paesi.
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