Analisi mercato auto in Italia dopo il diesel gate

Lo scandalo “diesel gate” che ha coinvolto il gigante tedesco Volkswagen ha messo la lente d’ingrandimento sugli svantaggi ambientali del motore diesel. L’impasse della casa tedesca, oltre a spingere le vendite di auto a benzina, ha fatto sì che i consumatori scelgano sempre più soluzione ibride, più eco-friendly rispetto alle motorizzazioni tradizionali. Che l’Europa sia più cosciente sotto il profilo ambientale è cosa nota, oltre che estremamente positiva, ma la caccia affrettata al diesel potrebbe rivelarsi più dura del previsto.

Diverse grandi città e capitali europee stanno studiando misure per limitare le emissioni soprattutto da parte delle vetture più datate. Dal 1° gennaio 2019 Milano vieterà l’accesso in città alle vetture euro 0,1,2,3 e più in là saranno ammessi solo gli euro 6. Roma intende vietare l’accesso al centro storico alle vetture diesel entro il 2024. Più drastica invece la Germania che intende eliminare completamente il diesel entro il 2030.

Le nuove norme in materia di emissioni emanate dall’UE rendono necessario realizzare interventi tesi a limitare l’impatto ambientale delle autovetture.

L’insieme di queste misure stanno indirizzando i consumatori verso autovetture più eco-friendly, ma la migrazione verso vetture più “pulite” è fortemente influenzata dalla capacità di spesa delle famiglie.

Le nuove e più stringenti normative sull'inquinamento hanno portato una crescita delle immatricolazioni dei motori a benzina, delle macchine elettriche ed ibride a discapito del diesel. Ad oggi, il diesel continua ad essere una parte importante del parco auto passeggeri europeo nel breve periodo, specie nel sud dell’Europa.

La migrazione da parte dell’Europa occidentale dal diesel verso altri tipi di alimentazione avviene ovunque, ma in maniera più lenta nei paesi dove il PIL pro-capite è più basso ed il prezzo della benzina è maggiore. Non deve sorprendere, infatti, che in Irlanda, Portogallo e Italia il diesel abbia una quota di mercato consistente. Il motivo è ben noto: il diesel, almeno in termini di resa per chilometro, è più economico della benzina, ed in alcuni paesi costa meno alla pompa. Ecco spiegato il legame tra il potere d’acquisto dei cittadini di alcuni paesi del “sud Europa” e la presenza rilevante di motori diesel nel parco auto di certi paesi. Di contro, nei paesi più ricchi (in termini di PIL pro capite) si acquistino meno autovetture con motori diesel sia perché il diesel costa di più della benzina, sia perché il reddito disponibile per l’acquisto di autovetture è maggiore.

Tra le maggiori economie europee, quella italiana ha sperimentato il minor decremento di motorizzazioni diesel, con un calo dello 0,7% rispetto al 2016. La motivazione sottostante alla tenuta del diesel in Italia è essenzialmente di natura economica. Il costo del carburante in Italia è tra i più elevati al mondo ed a renderlo tale non sono i costi industriali ma le imposte e accise, essendo la benzina il combustibile che ne risente di più. L’Italia si posiziona nella terza in Europa in quanto a costo della benzina, con un prezzo determinato soprattutto dalla componente fiscale. Il diesel, nonostante abbia dei costi di produzione maggiori, ha un costo finale in termini assoluti inferiore rispetto alla benzina con risparmi che oscillano tra 5-10 centesimi al litro.